Subacquea e ferite difficili: quanto incide la genetica? Centro Iperbarico di Ravenna e Università di Ferrara avviano uno studio
“La predisposizione genetica alle patologie correlate con l’attività subacquea”, il webinar che ha tenuto il Dott. Pasquale Longobardi lo scorso venerdì si inserisce nella presentazione di un progetto ampio e ambizioso che il Centro Iperbarico di Ravenna ha avviato in collaborazione con il prof. Michele Rubini.
Ci siamo fatti raccontare proprio da lui in cosa consiste e quali opportunità apre uno studio sulla genetica per i nostri pazienti.
Il Prof. Michele Rubini è ricercatore e professore aggregato in Genetica medica presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Chirurgico Specialistiche dell’Università di Ferrara dal 2001. Precedentemente ha lavorato al Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia, USA, dove si è occupato di medicina genomica in ambito oncologico. Ora svolge ricerche di genetica multifattoriale e farmacogenetica, con particolare interesse per patologie reumatologiche autoimmuni e patologie connesse con la gravidanza. Recenti sviluppi lo hanno portato a studiare l’influenza della genetica nella risposta all’assimilazione di micronutrienti e alla carenza di ossigeno.
Ci racconta del progetto di genetica su cui stiamo lavorando e che obiettivi può portare uno studio di questo tipo?
La risposta dell’organismo a condizioni di alterata concentrazione dell’ossigeno ematico è ampiamente influenzata dal suo specifico profilo genetico. Varianti in geni codificanti enzimi impegnati nella sintesi dell’ossido nitrico endoteliale e nella regolazione della pressione vascolare esercitano un ruolo rilevante nel determinare dispnea ed emottisi in soggetti impegnati in attività subacquee, ma si ritiene possano rivestire un ruolo importante anche in altre condizioni, quali ad esempio la guarigione delle ulcere cutanee. Evidenze sperimentali, infatti, indicano che la carenza di sintesi di ossido nitrico possa determinare ridotta angiogenesi e costituisca un elemento di impedimento alla rimarginazione delle ferite cutanee.
Praticamente il profilo genetico delle persone influenza la risposta del corpo in particolari attività subacquee e si ritiene anche abbia risvolti nella guarigione delle ferite difficili.
Il progetto collaborativo, pertanto, si compone di due parti:
- una rivolta a soggetti impegnati in immersioni subacquee e quindi potenzialmente a rischio di sviluppare edema polmonare da apnea profonda (DIPE),
- 2. uno riferito ad una ampia ed eterogenea casistica di pazienti con ulcere cutanee di difficile guarigione.
DIPE
L’attività scientifica prevede la raccolta di campioni di sangue periferico da soggetti impegnati in attività subacquee e a rischio di sviluppo di DIPE.
Presso il laboratorio all’università di Ferrara verrà eseguita l’estrazione del DNA genomico, la sua titolazione, aliquotazione e stoccaggio criogenico in tubi con identificazione mediante codici a barre bidimensionali (2D-bar codes), in ottemperanza alle modalità tecniche raccomandate nelle linee guida per biobanche. I campioni di DNA verranno poi utilizzati per analisi genetiche relative a varianti funzionali nei geni ACE (Angiotensin converting enzyme) e NOS3 (nitric oxide synthase 3).
I risultati genotipici verranno incrociati con i parametri fisio/patologici dei soggetti inseriti nello studio, ricercando eventuali associazioni genotipo/fenotipo indicative di un ruolo della variabilità genetica nel determinare il rischio di DIPE. Lo studio potrà eventualmente estendersi ad altre varianti genetiche legate all’ipossia cellulare (p.es HIF-1A) o ritenute rilevanti per la funzionalità respiratoria, al fine di ottenere profili genetici più esaustivi e ricercare eventuali interazioni complesse poligeniche.
I risultati di questa indagine si ritiene potranno essere di utilità per tracciare il profilo genetico di rischio di incidente da decompressione o edema polmonare da apnea profonda di ciascun soggetto impegnato in attività subacquee, contribuendo ad aumentare la consapevolezza individuale delle proprie capacità de dei propri limiti oggettivi, fornendo le basi per un più sicuro accesso a tali attività ed una significativa riduzione dei casi di incidente o patologia.
Ulcere cutanee
L’evidenza che la risposta alla terapia con ossigeno iperbarico differisce a livello interindividuale è nota da oltre 25 anni, e c’è ampio consenso nel ritenere che varianti genetiche possano svolgere un ruolo primario nel determinare tale variabilità.
La disponibilità di ampia casistica di pazienti con ulcere cutanee di difficile guarigione e di dati clinici della risposta alla terapia con ossigeno iperbarico consente ora di poter indagare la possibile esistenza di componenti genetiche in grado di influenzare la risposta terapeutica, ponendo le basi per lo sviluppo di terapie iperbariche personalizzate su base del profilo genetico individuale. L’attenzione verrà principalmente indirizzata a varianti genetiche in ACE e NOS3, nonché in HIF-1A (Hypoxia inducible factor-1A). La terapia con ossigeno iperbarico è noto avere effetto inibitorio sulla espressione di HIF-1A, e si ipotizza che la riduzione dei livelli di tale fattore nucleare transattivante costituisca almeno parte del meccanismo attraverso il quale la terapia manifesta la propria efficacia. Varianti funzionali di HIF-1A sono distribuite nella popolazione e sono risultate essere associate ad una eterogenea varietà di condizioni patologie, quali ostoartriti, carcinomi, epatiti virali, retinopatie e pneumopatia ostruttiva. A completamento dell’indagine, potranno essere considerate anche varianti relative alla fisiopatologia della coagulazione (p.es. MTHFR, FV, FII) o al metabolismo di micronutrienti (folati, omocisteina).
Il progetto prevede di raccogliere da ogni paziente un campione di sangue finalizzato all’ottenimento di DNA genomico. L’insieme dei campioni raccolti dalla casistica consentirà di allestire una specifica DNA-banca utilizzando la quale saranno successivamente condotte le indagini genetiche. I risultati genotipici verranno confrontati con l’inquadramento clinico dei pazienti e la risposta alla terapia con ossigeno iperbarico, al fine di individuare eventuali associazioni significative. I dati potranno essere ulteriormente approfonditi inserendo nel sistema anche la valutazione della dose terapeutica e quindi consentire di stabilire soglie individuali di efficacia della risposta.
I risultati della ricerca si presume potranno fornire utili informazioni in base alle quali poter identificare anticipatamente i soggetti con scarsa capacità di risposta alla terapia con ossigeno iperbarico, consentendo di intervenire modulando opportunamente il dosaggio del trattamento, realizzando di fatto una applicazione di medicina iperbarica personalizzata.
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