Posso praticare attività subacquea dopo operazione per Arnold-Chiari?
Valentina, operata per la malformazione di Arnold-Chiari, chiede se dopo essersi operata può riprendere l’attività subacquea già esercitata in precedenza.
Questo è stato il suo messaggio:
Egregio dottor Pasquale Longobardi, sono una subacquea di 27 anni. Dall’infanzia soffro di mal di testa e vertigini per sindrome di Arnold-Chiari (erniazione tonsille cerebellari nella parte inferiore del forame occipitale, nella parte craniale del canale cervicale oltre C1). In giugno 2013 sono stato operata per craniectomia sub occipitale, laminectomia C1, coartazione tonsille cerebellari e plastica durale. Adesso non assumo farmaci e ho terminato la riabilitazione. Il neurochirurgo dice che posso gradualmente riprendere l’attività quotidiana, il medico sportivo e subacqueo ha chiesto tempo per esaminare il caso perché c’è poca letteratura scientifica in merito. Lei ritiene che io possa ritornare idonea all’attività subacquea?
Cordiali saluti, Valentina
Risponde e approfondisce sul tema, nei commenti, il nostro Direttore Sanitario Dott. Pasquale Longobardi, laureato in Medicina e Chirurgia con specializzazione in Medicina del Nuoto e delle Attività Subacquee. Per approfondimenti sui nostri servizi legati alla medicina subacquea clicca qui sotto:
Pasquale Longobardi
gentile Valentina grazie per l’attenzione e la stima. Mi dispiace per la sofferenza, in particolare data la tua giovane età. Il ritorno all’immersione te lo meriti per la grinta con la quale hai affrontato il problema e l’impegnativa cura.
La malformazione di Chiari ormai appartiene alla tua storia clinica (dopo l’intervento chirurgico). Al momento l’idoneità all’attività subacquea deve considerare la craniotomia. Le raccomandazioni dell’European Diving Technology Committee (EDTC), al quale fa riferimento il Centro iperbarico Ravenna (0544-500152, scrivici@iperbaricoravenna.it), prevedono che il ritorno all’immersione sia possibile solo sei mesi dopo la chirurgia qualora la ferita della craniotomia sia definitivamente chiusa e siano funzionanti le eventuali valvole (preferibilmente automatiche) posizionate per lo scarico del liquor cefalorachidiano in eccesso: mi invii il referto che descriva esattamente l’intervento chirurgico.
E’ necessario escludere la possibilità di convulsione, pertanto le consiglio un elettroencefalogramma con privazione del sonno.
Se lo desidera contatti la segreteria del Centro iperbarico per programmare una visita di idoneità all’attività subacquea finalizzata per la verifica degli esiti di craniotomia.
Qui inserisco un approfondimento per i lettori del blog, vista le scarse informazioni in letteratura sulla idoneità all’attività subacquea in esito di malformazione di Arnold Chiari.
il cervello siede felicemente nel cranio (nelle persone che hanno la fortuna di possedere uno), collegato al midollo spinale che attraversa l’intera lunghezza della colonna vertebrale . L’apertura nel cranio attraverso il quale il midollo spinale passa è chiamato il forame magno. A questo incrocio c’è il cervelletto che si occupa di coordinare le percezioni (sensi) e il movimento. E’ l’organo che controlla l’equilibrio. I ricercatori Arnold e Chiari erano entrambi patologi tedeschi che hanno studiato, indipendentemente l’uno dall’altro, le persone nelle quali una parte del cervelletto sporgeva (“ernia”) attraverso il forame magno, a volte in associazione con altre anomalie come la spina bifida . Questa ernia, nei casi gravi, può bloccare il flusso di sangue e fluido cerebrospinale che bagna e protegge il midollo spinale, causando una varietà di sintomi – vertigini, movimenti oculari scoordinati (come il nistagmo ), debolezza muscolare, intorpidimento, mal di testa e problemi con il coordinamento e l’equilibrio. Valentina soffriva di vertigini e mal di testa. Ci sono diversi tipi di malformazione di Arnold Chiari. Valentina soffriva del tipo 1, per fortuna più benigno.
Per l’attività subacquea (in assenza di intervento chirurgico) il problema è che la lista dei sintomi corrisponde a quella dell’incidente da decompressione neurologico: dopo una immersione sarebbe difficile la diagnosi differenziale (confusione diagnostica).
In secondo luogo, in caso di incidente da decompressione cerebrale i danni (gonfiore, edema) potrebbero sommarsi a quelli della malformazione con conseguenze che potrebbero essere fatali.
Fortunatamente Valentina è stata operata e adesso, per lei, è necessario escludere gli esiti della craniotomia ai fini dell’idoneità al ritorno all’immersione.
Un caro saluto, Pasquale Longobardi
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