Medicina subacquea: work in progress. Gli appunti del dott. Longobardi
Il 21 settembre scorso si è tenuto a Grosseto il convegno dal titolo “Medicina subacquea: work in progress” moderato dal prof. Antonio L’Abbate e dal dr. Marco Brauzzi.
Al convegno sono intervenuti:
– Prof. Stephen Thom (University of Pennsylvania – Philadelphia), con un intervento dal titolo “Microparticles and Decompression Illness : updating the lane of research (Aggiornamenti sul percorso di ricerca)
– C.V. (MD) Dr. F abio Faralli (Comsubin – La Spezia) con un intervento dal titolo L’immersione tecnica ed il rischio decompressivo
Il Dr. Longobardi ha seguito l’iniziativa in videoconferenza interagendo con i moderatori e i relatori online. Per i medici e i subacquei interessati il Dr. Longobardi mette e a disposizione i suoi appunti arricchiti con le immagini tratte dalle presentazioni originali dei due relatori.
Puoi scaricare gli appunti del Dr. Longobardi e vedere alcune immagini tratte dalla presentazione del Prof Stephen Thom e dalla presentazione del Dr. Faralli (le slide sono rielaborate dal Dr. Longobardi e non sono le presentazioni originali dei relatori)
Il prof. Stephen Thom ha evidenziato che le immersioni con stress decompressivo (ripetitive, multiday) aumentano la quantità di microparticelle nel sangue (“polvere cellulare”). Le particelle più grandi di un micron (un millesimo di millimetro) possono attivare i globuli bianchi e scatenare l’infiammazione (rossore, calore, gonfiore, dolore, alterata funzionalità). Le particelle contengono gas e quindi le loro dimensioni si riducono se il subacqueo incidentato è ricompresso in camera iperbarica. L’immersione tecnica (autorespiratore a riciclo con pressione parziale di ossigeno nella miscela respirata sul fondo di 1,2 atmosfere) pare ridurre le dimensioni delle microparticelle rispetto alla immersione con respirazione in aria (quindi l’immersione tecnica, correttamente eseguita, pare ridurre la probabilità dell’incidente da decompressione rispetto all’immersione avanzata con aria. L’Autore ha precisato che è necessaria prudenza nel trasferire i dati della ricerca alla pratica dell’immersione.
Il C.V. dr. Fabio Faralli (Marina Militare Italiana) ha presentato la differenza tra i diversi modelli di decompressione, compartimentali e a controllo delle bolle. Ritiene che le bolle non siano il fattore principale che causa l’incidente da decompressione e fa riferimento alla presentazione del prof. Stephen Thom. La ricerca ha evidenziato che le soste profonde vadano introdotte solo per immersioni a profondità massima di 25-27 metri per tempi di permanenza sul fondo prolungati (sessanta minuti o di più). L’utilizzo di soste profonde per immersioni a maggiore profondità e per breve tempo di permanenza sul fondo pare che siano correlate con un aumento della probabilità di incidente da decompressione.
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