Irritazioni cutanee e calore alla pelle dopo le immersioni: che fare?
Dopo immersioni subacquee ripetitive, Emanuela avverte dolore all’addome, cosce e glutei, caratterizzato da surriscaldamento di queste aree, eruzioni cutanee e prurito. Cosa fare?
Ecco il messaggio di Emanuela:
Buongiorno, sono una subacquea che ormai si immerge solo una o due volte all’anno, quando vado in vacanza. Mi è capitato la prima volta nel 2006 e saltuariamente l’ultima volta l’anno scorso nel 2017.
Dopo circa due ore dalla fine dell’immersione comincio a sentire un dolore all’addome e/o cosce e glutei, ma non è dolore da sforzo muscolare. Le parti si scaldano, al tatto scottano, è capitato anche di avere eruzioni cutanee con prurito.
Dopo un’immersione singola in genere non mi succede, ma se faccio immersioni ripetitive sì. Le immersioni sono sempre in curva e in genere niente up and down.
Dopo qualche ora, o entro la giornata successiva (dipende dall’intensità) i sintomi scompaiono. Ho chiesto un consulto telefonico, ma mi è stato detto che non si poteva fare nulla perchè gli accertamenti vanno fatti quando si verifica il problema.
Ho effettuato anni fa un esame per verificare se avevo l’FPO (ecografico carotideo con iniezioni di fisiologica e microbolle) e non mi è stato riscontrato.
A una mia amica era stato diagnosticato in quell’occasione il forame, ha fatto un ecocolordoppler transcranico e invece risulta non avere nulla. Il medico le ha detto che l’esame fatto in precedenza non ha alcuna validità. A questo punto mi chiedo se è il caso di farmi prescrivere questo o altri esami per verificare, potete consigliarmi?
Grazie,
Emanuela
Qui sotto, la risposta del nostro Dottore Paolo Della Torre, che ha conseguito la specializzazione in Medicina del nuoto e attività subacquee all’Università G. d’Annunzio di Chieti.
P. della Torre
Gentile Emanuela,
I sintomi che descrivi, sono riferibili per localizzazione e tempi di insorgenza, a forme cutanee e/o linfatiche di incidenti da decompressione.
Queste forme sono spesso i “campanelli d’allarme” specifiche per la presenza di Shunts dx-sx (il PFO è uno dei possibili shunt), ma un esame “ecografico carotideo con iniezioni di fisiologica e microbolle” quello cui sei già stata sottoposta,è probabile che non abbia la minima utilità per la definizione di un possibile PFO.
È quindi opportuno verificarne nuovamente la presenza. Più corretta l’effettuazione, come primo step, di un Doppler transcranico con mezzo di contrasto,che in buone mani, è lo strumento migliore, e meno invasivo, per valutare la presenza e l’entità di shunt dx-sx.
La ricerca dovrebbe poi esser finalizzata, oltre che alla pura presenza del difetto, alla definizione della sua rilevanza da un punto di vista emodinamico, questo per valutare la possibilità di proseguire l’attività, eventualmente adottando accorgimenti, limitazioni o procedure che ne garantiscano la sicurezza.
Se non hai altri riferimenti, al Centro Iperbarico di Ravenna è stato attivato un Percorso Diagnostico per il PFO: si svolge nell’arco di una intera giornata, al termine della quale, oltre alla effettuazione di un Doppler Transcranico, di Emogasanalisi, e di una completa visita subacquea, verranno fatte le valutazioni del caso, date indicazioni e definiti gli ambiti in cui praticare immersioni in sicurezza.
Un saluto,
Paolo Della Torre
Laurea in Medicina e Chirurgia all’Università di Milano e specializzazione in Medicina del nuoto e attività subacquee all’Università G. d’Annunzio di Chieti. N. ordine dei Medici Chirurghi di Roma: 42375
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