Forame Ovale Pervio (PFO): cosa rischio con un secondo ombrellino?
A Monica, che ha avuto un ictus legato al Forame Ovale Pervio, è stato consigliato di procedere con un secondo intervento per la chiusura dello shunt perché gli esami evidenziano ancora un passaggio.
Nel messaggio che ci ha scritto chiede consiglio alla nostra equipe medica, domandando inoltre quali rischi possa correre:
Buongiorno Dottore,
il 1 maggio 2011 ho avuto un ictus ischemico dovuto al Forame Ovale Pervio (PFO). Fortunatamente è andato tutto bene. In giugno 2011 ho chiuso il PFO presso l’istituto Humanitas di Milano ma è rimasto un passaggio di oltre 50 microbolle con la manovra di Valsalva.
Mi hanno consigliato di mettere un nuovo ombrellino. Cosa rischio con un secondo ombrellino nel mio cuore? Cosa mi consiglia? Mi dia un suo parere. La ringrazio e buona giornata. Monica.
(PS: ma ci sono casi come il mio o è stato un errore?)
Risponde qui sotto, nei commenti, il nostro Direttore Sanitario Dott. Pasquale Longobardi, laureato in Medicina e Chirurgia con specializzazione in Medicina del Nuoto e delle Attività Subacquee. Per approfondimenti sul Forame Ovale Pervio e sui nostri servizi legati alla medicina subacquea clicca qui sotto:
Pasquale Longobardi
cara Monica, ti ringrazio dell’attenzione. Quanto ti è capitato (passaggio di bolle significativo che rimanga dopo la chiusura del PFO) è il mio incubo: per questo il Centro iperbarico Ravenna ha attivato un percorso interdisciplinare che, finora, ha permesso di evitare tale inconveniente difficile da gestire.
Ho già visto altre persone con il tuo stesso problema, la procedura che consiglio è la seguente:
1) è necessario essere certi che oltre al “buco” nel cuore (PFO) non ci siano altri “buchi” nei polmoni, addome o altrove. Gli altri “buchi” potrebbero essere responsabili del passaggio di almeno una parte delle bolle.
2) dopo un anno dalla chiusura del PFO (maggio 2012), potrebbe essere diminuito il numero delle bolle che passano dalla parte destra a quella sinistra della circolazione.
E’ quindi necessario definire lo shunt (travaso) tramite adeguata procedura, quella del Centro iperbarico Ravenna prevede:
– misurazione delle bolle che passino attraverso eventuale shunt, contate da un operatore esperto (dr. Paolo Limoni) con doppler transcranico con contrasto sonografico su entrambi i lati del cranio, sia in condizioni basali che – se necessario – durante manovra di Valsalva;
– valutazione della pressione parziale dell’ossigeno nel sangue arterioso – misurata tramite emogasanalisi – durante respirazione di ossigeno puro ad alto flusso.
Qualora il passaggio di bolle sia significativo (superiore a 20 bolle in una delle due arterie cerebrali medie) e ci sia riduzione della pressione parziale dell’ossigeno (meno di 400 millimetri di mercurio), sarà necessario ripetere l’ecocardiografia transesofagea per vedere se le bolle passino ai margini del dispositivo esistente o da un altro “buco”.
L’applicazione del secondo dispositivo è effettuata solo se veramente necessaria (“buco” residuo grande). Altrimenti si preferisce evitare. Mi fido molto della valutazione della dr.sa Elisabetta Varani, cardiologa presso l’Ospedale “S. Maria delle Croci” di Ravenna: è scrupolosa, conosce le linee guide più recenti nel settore ed è proprio brava.
In definitiva: contatta la segreteria del Centro iperbarico Ravenna (tel. 0544-500152, email: scrivici@iperbaricoravenna.it) e chiedi appuntamento per il percorso interdisciplinare per la ricerca dello shunt destra sinistra. Prevede la valutazione da parte di tre medici, assistiti da infermieri e dura un solo giorno (martedì).
Ti aspetto, Pasquale
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