Cura del piede diabetico arteriopatico: potete darmi dei consigli?
Marco ci scrive perché il padre diabetico ha una grave sofferenza al piede, per la quale si è rivolto a noi alla ricerca di consigli che possano migliorare la situazione.
Questo è il messaggio che abbiamo ricevuto:
Salve dott. Longobardi, mio padre è diabetico da una decina di anni. Lo scorso anno è peggiorato: piedi gonfi e necrosi sulle dita, soprattutto sul piede destro dove c’è una bruttissima necrosi sull’alluce. È stato visitato da diversi specialisti: a Torino dal prof. Rabbia, a Milano e Pavia. La conclusione è che si tratta di un caso critico perché mio padre ha già subito, 20 anni fa, un intervento di bypass agli arti inferiori e, ora, dal ginocchio al piede, ha solo un’arteria in funzione. Un professore di Pavia ha suggerito una nuova cura: iniettando delle sostanze in vena all’altezza del piede, si favorirebbe l’apertura della micro circolazione supplendo a quella mancante. Mio padre ha provato questo trattamento e sembra vada meglio. Le necrosi erano sparite eccetto una, molto grande, sull’alluce.
Dopo tre mesi gli si è gonfiato nuovamente il piede destro con dolori. È stato ricoverato e sottoposto ad angioplastica (PTA), sono state tolte le calcificazioni ed è stato mandato a Milano per l’esame dell’ossimetria: al piede sinistro aveva una pressione dell’ossigeno di 6 millimetri di mercurio (mmHg); al piede destro di 3 mmHg. In base a questi valori è stata proposta l’amputazione dell’alluce destro e durante l’intervento i medici avrebbero verificato la quantità del sanguinamento, per decidere se intervenire per rivascolarizzare ulteriormente il piede.
Titubanti, siamo andati via e ci siamo recati in Francia da un chirurgo vascolare molto noto, il quale ha affermato che rivascolarizzare il piede del papà è quasi impossibile e ha consigliato di amputare l’alluce. Siamo andati a Torino dove, all’ambulatorio “ferite difficili” del San Lazzaro ci dicono che secondo loro la ferita di mio padre può essere guarita. Ci siamo affidati a loro per le medicazioni. Sono passati 2 mesi la ferita sta guarendo ma mio padre ha un forte dolore al piede.
La camera iperbarica gli era stata consigliata dal professore francese ma mio padre, essendo cardiopatico, ha paura. Siamo venuti a conoscenza di camere iperbariche locoregionali: ne abbiamo affittata una e la stiamo utilizzando.
Mi può dare qualche consiglio? In questo mare di confusione ho evitato di raccontarle altri problemi che sono sorti grazie a medici impreparati, per non dire altro. Una piccola chicca: mi reco da un primario dell’Ospedale Molinette che, appena visto mio padre, gli toglie con il bisturi la crosta sull’alluce (in ambulatorio e senza anestesia) che lo faceva penare da mesi: urla di mio padre e sangue che cadeva copioso sul lettino, risultato: una settimana senza dormire e ferita peggiorata parecchio.
Di nuovo saluti, Marco
Risponde qui sotto, nei commenti, il nostro Direttore Sanitario Dott. Pasquale Longobardi. Per ulteriori approfondimenti sui percorsi di cura dedicati alle ferite difficili, clicca qui:
Pasquale Longobardi
caro Marco, ti ringrazio per l’attenzione e per la precisione nella descrizione della Odissea al quale si è sottoposto il tuo papà per la cura del suo piede. La storia è quanto mai assurda perché la cura del piede diabetico arteriopatico segue un percorso preciso, quasi matematico.
La situazione è critica perché la rivascolarizzazione del piede, nel tuo papà, non è possibile (sarebbe la cura principale). Per cercare di migliorare la situazione vascolare è necessario valutare la possibilità di effettuare un ciclo di prostanoidi (è un farmaco che viene somministrato per via venosa, tramite flebo, lentamente – circa tre ore per sessione per venti volte) – che hanno la capacità di migliorare la circolazione e favorire la formazione di nuovi piccoli vasi sanguigni. E’ da associare la ossigenoterapia iperbarica, previa somministrazione di Bioarginina. L’arginina (un aminoacido che è presente anche nel cibo) insieme all’ossigeno innesca la sintesi del monossido di azoto (NO) che stimola la formazione di nuovi vasi sanguigni (anche reclutando dal midollo le cellule staminali – cellule indifferenziate che possono diventare vasi sanguigni). L’effetto della terapia iperbarica e dei prostanoidi è sinergico, cioè 1+1 = 3.
L’ossigeno iperbarico è un farmaco sistemico (si respira per bocca e fa effetto nel sangue), la camera iperbarica distrettuale o locoregionale è inutile e dannosa per il protafoglio (soldi sprecati): l’ossigeno passa poco attraverso la pelle, non si innesca la sintesi del monossido di carbonio né la formazione di nuovi vasi sanguigni. La Food and Drug Administration (Ente che approva i farmaci negli Stati Uniti d’America) ne ha vietato il rimborso a carico dei programmi federali di assistenza medica (Medicare e altri).
E’ importante monitorare quanto ossigeno ci sia nel piede del tuo papà e come evolve il valore durante il trattamento. Sappiamo già che c’era pochissimo ossigeno (3-6 millimetri di mercurio, quando il valore minimo correlato con la sopravvivenza del piede dovrebbe essere superiore a 20 mmHg). E’ importante verificare questo valore durante respirazione di ossigeno a pressione ambiente (quello che si somministra con una normale mascherina) e in camera iperbarica. Se il valore aumentasse oltre 40 mmHg durante respirazione di ossigeno a pressione ambiente e oltre 200 mmHg in camera iperbarica, il tuo papà avrebbe un alta probabilità di successo (prossima al 90%) con il trattamento che ti ho segnalato (insieme alle corrette medicazione e al controllo accurato del diabete: l’emoglobina glicata deve essere intorno al 6%; non ci deve essere infezione delle ossa del piede).
Un ulteriore esame che permette di prevedere il successo nel trattamento del tuo papà è la LaserDopplerFlussimetria: il Toe Brachial Index (rapporto tra la pressione arteriosa al primo dito del piede rispetto alla pressione misurata al braccio) deve essere superiore a 0,2 (la pressione al dito del piede deve essere almeno il 20% di quella misurata al braccio); comprimendo il dito del piede per tre minuti, alla rimozione della pressione vi deve essere un rapido aumento del flusso del sangue nel dito (è un indice che i vasi sanguigni sono in grado di produrre il benefico monossido di azoto).
In Torino, gode della mia fiducia il prof. Elia Ricci (Casa di cura San Luca di Pecetto Torinese). Contattalo e fagli leggere questo post: capirà e saprà esserti utile. Per ogni chiarimento contatta il Centro iperbarico Ravenna (0544-500152, email scrivici@iperbaricoravenna.it).
In bocca al lupo per il papà, ti sono grato per l’impegno verso di lui. Ciao, Pasquale
Il Centro Iperbarico di Ravenna si impegna a proteggere e rispettare la privacy degli utenti: le informazioni personali raccolte vengono utilizzate solo per amministrare gli account e fornire i prodotti e servizi richiesti. Gli utenti potrebbero essere contattati con suggerimenti su prodotti, servizi o altri contenuti che a nostro giudizio potrebbero essere di loro interesse.
Puoi annullare l'iscrizione a queste comunicazioni in qualsiasi momento. Per ulteriori informazioni su come eseguire questa operazione, consulta le nostre normative sulla privacy e altre indicazioni su protezione e rispetto della privacy, leggi la nostra Informativa sulla privacy.