Crescono le offerte di cura al Centro Iperbarico di Ravenna: con il nuovo ambulatorio di medicina integrata
Il Centro Iperbarico di Ravenna ha elaborato un nuovo percorso per trattare il dolore cronico. Si tratta di un percorso multidisciplinare che include vari specialisti per comprendere le necessità dei pazienti affetti da dolore cronico e studiare soluzioni adeguate per migliorare la loro qualità di vita.
Abbiamo chiesto al Dr. Longobardi, Direttore sanitario del Centro Iperbarico di Ravenna, di parlarcene.
Dottor Longobardi, come nasce l’idea di un ambulatorio di medicina integrata?
L’idea di creare un ambulatorio di medicina integrata nasce dal fatto che il Centro Iperbarico di Ravenna è una struttura di eccellenza per il trattamento di lesioni cutanee con difficoltà di cicatrizzazione e di altre malattie di tipo neurologico o di interesse della riabilitazione.
Con il passare degli anni — perché il Centro Iperbarico di Ravenna esiste dal 1989 — abbiamo visto che riusciamo a soddisfare fino al 90% delle esigenze, ma in alcuni pazienti, pur con il meglio delle terapie, rimangono dei sintomi che impediscono la normale funzionalità nella vita quotidiana.
Può farci qualche esempio?
Naturalmente. Noi abbiamo un percorso molto preciso per curare le ulcere da stasi venosa, che però prevede che il paziente cammini e utilizzi delle calze. Laddove un paziente è obeso, ha avuto una protesi a un’anca, quindi fa fatica a muoversi, quell’arto difficilmente può guarire, perché è il paziente che è incapace di adeguarsi a quelle che sono le regole d’oro terapeutiche. Lo stesso vale per un paziente neurologico, che ha avuto ad esempio un incidente cerebrovascolare. Noi gli applichiamo il meglio della terapia riabilitativa, il supporto con ossigenoterapia iperbarica, ma se il paziente è incapace di fare un minimo di terapia occupazionale, cioè di tornare su quello che faceva prima dell’incidente, fa fatica a riprendere quell’autonomia sperata.
Oppure le patologie con delle complicanze sulla sfera intestinale, come la fibromialgia e le complicanze della malattia infiammatoria cronica intestinale, cioè la rettocolite ulcerosa e il morbo di Crohn. Ci sono persone che hanno avuto dei danni, delle lesioni cutanee, a cui si è rimarginata l’ulcera, ma che continuano ad avere un edema, un gonfiore dell’arto talmente intenso da provare un dolore incredibile, tipo un bruciore. Lo definiscono come “un cane che morde di notte”.
Per tutti questi pazienti, laddove non si può sperare di avere una guarigione completa, si va a cercare di capire con loro cosa si può raggiungere come obiettivo parziale; parziale rispetto alla guarigione, ma importante per loro in termini di vita di benessere. Potrebbe essere migliorare il sonno, regolarizzare l’alvo, laddove ci sia una stitichezza ostinata, oppure per esempio togliere dei formicolii, delle parestesie, dei bruciori. Ci sono delle donne con la sindrome da dolore pelvico, che vanno in bagno 30/40 volte al giorno, e questo impedisce una normale vita sociale.
A questo punto l’idea è quella di cercare di guardare il paziente in maniera olistica.
Come funziona quindi il percorso?
Per prima cosa, il paziente si rivolge alla segreteria per spiegare il proprio bisogno. La segreteria è formata per fare una sorta di counselling, di ascolto attivo. Ascolto attivo significa che il nostro personale è capace di riportare le esigenze del paziente all’interno di un percorso, indirizzandolo ai medici di competenza.
Poi abbiamo degli internisti, tra cui la Dr.ssa Nedjoua Belkacem e il sottoscritto, che fungiamo da filtro per la presa in carico di questi pazienti. Per informazione: i professionisti del percorso dolore sono in rete. Ognuno è in autonomia e il paziente può accedere direttamente al professionista. Se il quadro clinico non fosse chiaro, il Dr. Paolo Lega è colui che sa prescrivere farmaci e orientare il paziente verso gli altri colleghi. Lo considero il filtro universale, ma non è obbligatorio.
Da qui si attiva tutta la squadra, che comprende dei medici di terapia antalgica (Dr. Virgilio Ricci, Dr. Paolo Lega), che sono capaci di utilizzare la cannabis terapeutica e i farmaci specifici del dolore, quindi anche gli oppioidi, se necessario.
Esiste poi la possibilità di effettuare sedute di agopuntura con la Dr.ssa Belkacem. In caso di necessità, vengono eseguiti bendaggi funzionali dalla fisioterapista Maddalena Vassura, mentre la psicologa-psicoterapeuta, la Dr.ssa Emanuela Grazzini, si occupa degli aspetti cognitivo-comportamentali. Inoltre, avendo a disposizione le camere iperbariche, possiamo utilizzare anche l’Ossigenoterapia Iperbarica (OTI) associata alle altre terapie nella sindrome da sensibilizzazione centrale al dolore. Altri percorsi sono la neuralterapia (Dr. Giovanni Malara) e la ossigeno-ozonoterapia, in particolare per la auto-emotrasfusione (GAET), ma non solo (Dott.ssa Erica Ranalli).
Si tratta quindi di un progetto innovativo…
Certamente. È un progetto estremamente innovativo che mi rende molto orgoglioso.
Un sintomo è una spina nel sistema olistico del paziente. Si tratta quindi di capire come riuscire a gestire questa spina, in modo da ridurre il suo impatto sul benessere della persona e curarlo, non con l’obiettivo della guarigione completa (per quello abbiamo altri percorsi), ma con l’obiettivo che la persona riesca a sorridere, a dormire meglio e ad avere una vita indipendente più sana.
Grazie al Dr. Longobardi per l’intervista. Per qualsiasi dubbio o necessità potete contattare la Segreteria del Centro al numero: 0544-500152 o scrivere una email a: scrivici@iperbaricoravenna.it
Il dolore “è un’esperienza emozionale e sensoriale spiacevole associata ad un danno tissutale acuto o potenziale, o descritto in tali termini” (definizione dell’International Association for the Study of Pain, IASP) (IASP Task Force on Taxonomy, 1994).
Tale dolore è quindi un campanello d’allarme, che spesso consente di diagnosticare precocemente una malattia. Si tratta quindi di un “dolore acuto”, ed è normalmente localizzato, dura per alcuni giorni e tende a diminuire con la guarigione. Quando il dolore ha una durata superiore ai tre mesi e comporta cambiamenti nella vita propria e di relazione del paziente, si parla invece di “dolore cronico” (Becker et al., 1997; Gureje et al., 1998). Il dolore che persiste nel tempo instaura un circolo vizioso di depressione e ansia, diventando una vera e propria malattia, che ha un peso elevato sull’economia nazionale, nonché sulla qualità di vita della persona che ne soffre e su quella dei suoi familiari.
Secondo gli ultimi dati del Rapporto del Consiglio dell’Unione Europea sulle malattie croniche e sul ruolo del dolore, in Europa la prevalenza del dolore cronico è compresa tra il 16% e il 46%: questo significa che circa 80 milioni di europei sono affetti da dolore cronico moderato grave. In Italia ad esserne colpita è il 26% della popolazione: sono quindi 13 milioni gli italiani che ogni giorno convivono con il dolore. A livello internazionale, l’Italia si classifica terza dopo Norvegia e Belgio per quanto riguarda la prevalenza del dolore cronico, mentre è prima in quanto a dolore cronico severo, che ha una incidenza del 13% sul totale. A livello nazionale, la situazione è più critica al Nord-Ovest (27,7%), mentre la percentuale diminuisce al Sud, dove comunque si attesta un 21,7% (https://www.fondazioneisal.it/che-cose-il-dolore-cronico/impatto-sociale/).
Nel triennio 2015-2017, il numero di hospice sul territorio nazionale ha raggiunto il totale di 240 strutture (231 nel 2014), mentre il numero dei posti letto risulta di 2.777 (226 posti letto in più rispetto al 2014). Nell’anno 2017, risulta una carenza di 244 posti letto in hospice, ma, come sempre, la situazione appare disomogenea, con Regioni in surplus (Lombardia, Emilia Romagna, Lazio) e Regioni in grave deficit (Piemonte, Toscana, Campania, Sicilia). In Emilia-Romagna, ad esempio, nel 2017 risultano 22 hospice e 290 posti letto. (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2814_allegato.pdf).
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