La SIAARTI e l’evoluzione della terapia iperbarica: parla il prof. Paiola
Al Convegno “Il paziente critico in terapia con ossigeno iperbarico” che si è svolto sabato scorso in Casa Matha a Ravenna era presente anche il prof. Pelaia, Ordinario di Anestesia e Rianimazione, Direttore DEA Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona e membro della SIAARTI – Società Italiana di Anestesia Analgesia e Rianimazione e Terapia Intensiva.
Il Prof. Pelaia è uno dei maggiori esperti in Italia sul tema di cui si è discusso al Convegno. Nell’occasione gli abbiamo chiesto di raccontarci sia come si sono evolute negli anni le terapie e gli strumenti per il trattamento del paziente critico con ossigeno iperbarico, sia qual è stato il ruolo della SIAARTI in questo sviluppo.
Buongiorno prof., può raccontarci quali sono stati i principali cambiamenti degli ultimi decenni nel trattamento del paziente con terapia iperbarica?
Io ho cominciato a fare trattamenti iperbarici alla Sapienza nel ‘76-’77 e in quegli anni era presente un grosso problema: durante l’ossigenoterapia il paziente doveva sospendere gli altri trattamenti di terapia intensiva perché portare apparecchiature elettriche in un ambiente iperossigenato come la camera iperbarica era pericoloso. Il rischio era quello di far scoppiare un incendio,: per questo motivo, ad esempio, i ventilatori utilizzati in rianimazione venivano lasciati all’esterno e il paziente veniva ventilato a mano per due o tre ore.
Oggi invece cosa succede?
Negli ultimi decenni come medici ci siamo molto occupati di studiare apparecchiature che potessero essere portate all’interno delle camere, l’industria ci ha seguito e quindi il settore si è evoluto moltissimo.
Oggi la terapia iperbarica va avanti in contiguità con la terapia intensiva: i macchinari sono estremamente sicuri e, grazie a queste strumentazioni avanzate, i trattamenti che vengono praticati in reparto possono essere continuati anche dentro la camera.
A che punto è attualmente la ricerca in questo campo?
Da quando è stato possibile introdurre le apparecchiature nell’ambiente iperbarico le invenzioni di nuovi macchinari sono state moltissime, tanto che le conoscenze attuali sulle strumentazioni che servirebbero e su come realizzarle superano quelle esistenti. In alcuni casi, infatti, l’industria non ha interesse a produrle perché l’ossigenoterapia è un mercato molto di nicchia.
Che ruolo ha avuto la SIAARTI in questa evoluzione?
La SIAARTI, insieme alla SIMSI, è una delle società più interessate alla crescita di questo settore e dunque ha avuto un ruolo determinante nella sua evoluzione. Nel momento in cui i rianimatori hanno portato le loro conoscenze nell’ambito della terapia iperbarica si sono iniziate a studiare nuove tecniche e nuovi macchinari che consentissero di continuare nell’ambiente iperbarico i trattamenti sul paziente critico avviati nei reparti di terapia intensiva e rianimazione.
L’interesse per la medicina iperbarica da parte dei rianimatori è cresciuto nel tempo?
Sicuramente è sempre maggiore, infatti la medicina iperbarica è uno dei settori scientifici all’interno della SIAARTI. La formazione su questi temi è costante nelle scuole di medicina e in rianimazione si insegna la terapia iperbarica: conoscere questa materia è indispensabile per tutti i medici rianimatori.
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