Forame Ovale Pervio (PFO): attività subacquea vietata?
Beatrice ci scrive perché, dopo che le è stato diagnosticato uno shunt interatriale (Forame Ovale Pervio, PFO), ha smesso di immergersi su indicazione medica. Un istruttore, tuttavia, le ha detto che immersioni entro la curva di sicurezza non dovrebbero causare problemi.
Ci ha scritto, allegando i referti medici, per chiedere conferme:
Buongiorno, vorrei per cortesia un suo parere relativamente al mio caso. Mi è stato diagnosticato uno shunt interatriale destro-sinistro dopo un controllo non per problemi dovuti alle immersioni.
Il medico che ha eseguito l’esame mi ha detto di non effettuare più immersioni con bombole, mentre potrei fare apnea.
Un istruttore FIPSAS invece ha detto che per immersioni tra 20-25 mt rispettando la curva non ci sono problemi.
Vorrei sapere se posso o meno. Le allego i referti rilasciati:
1° ref.
La paziente presenta un piccolo aneurisma del setto interatriale con dubbio piccolo shunt. Sintomatica per cardiopalmo sporadico. Ecocardiogramma normale morfologia delle strutture cardiache cavitarie e valvolari; normale la funzionalità ventricolare Sx.
2° ref.
Esame transtoracico con ecocontrastografia (soluzione collidale) mirato alla valutazione del setto interatriale. Mobilità della fossa ovale. Non shunt interatriale al color Doppler. L’ecocontrastografia con soluzione colloidale dimostra importante shunt interatriale destro-sinistro durante manovra di Valsalva (non shunt in condizioni basali). Conclusione: Pervietà del forame ovale (PFO) con importante shunt destro-sinistro durante manovra Valsalva.
Grazie! Beatrice
Risponde qui sotto, nei commenti, il nostro Direttore Sanitario Dott. Pasquale Longobardi, laureato in Medicina e Chirurgia con specializzazione in Medicina del Nuoto e delle Attività Subacquee. Per approfondimenti sui nostri servizi legati alla medicina subacquea clicca qui sotto:
Pasquale Longobardi
cara Beatrice, ti ringrazio per l’attenzione. Il tuo quesito riguarda una tematica molto discussa in questo periodo. Sintetizzo:
– i medici dello sport seguono una linea guida (COCIS) nella quale è stabilito che gli atleti con pervietà del forame ovale siano idonei all’apnea ma non all’attività subacquea con autorespiratore
– il DAN ritiene che causa dell’incidente da decompressione siano le bolle che si formano durante la risalita dall’immersione e che il forame ovale pervio (PFO o FOP) sia solo un fattore di compromissione che potrebbe facilitare l’incidente. Pertanto il DAN ritiene che i subacquei portatori di PFO debbano limitarsi a immersioni correlate con un basso grado doppler di bolle (profondità massima 30 metri, in curva di sicurezza, sosta di sicurezza di due minuti a 15 metri e tappa di 3 minuti a cinque metri; una sola immersione al giorno; nessun sforzo durante la risalita).
Il Centro iperbarico Ravenna ha, da tempo, sviluppato un percorso di diagnosi e terapia che permette al subacqueo di chiarire quanto sia importante il problema e cosa fare per immergersi in sicurezza. Il percorso prevede:
– ecodoppler transcranico con contrasto sonografico (il dr. Paolo Limoni conta le bolle che passino nei vasi del collo da entrambi i lati: fino a venti bolle, il problema è piccolo. Spesso contiamo anche 140-150 bolle)
– emogasanalisi durante respirazione in ossigeno puro con maschera a elevato flusso. Una pressione parziale dell’ossigeno nel sangue arterioso superiore a 400 millimetri di mercurio è nella norma, una pressione inferiore conferma la presenza di un “buco” nel sistema circolatorio e permette di indicare quanto esso sia grande
– ossimetria transcutanea per convalidare il dato della emogasanalisi
Queste indagini sono eseguite in un solo giorno (il martedì) poi è prevista una mia valutazione. La decisione finale è matematicamente certa:
– meno di venti bolle e pressione dell’ossigeno nel sangue maggiore di 400 mmHg: ok alle immersioni
– oltre venti bolle e pressione dell’ossigeno nel sangue inferiore a 400 mmHg: a secondo della gravità del problema si decide se autorizzare le immersioni con regole cautelative o se procedere alla chiusura del “buco”.
Qualora si decidesse per la chiusura, il nostro riferimento è la dr.sa Elisabetta Varani (cardiologia dell’Ospedale Civile di Ravenna) che esegue l’ecocardiografia transesofagea (che quindi noi consigliamo solo qualora si sia decisa la chiusura del buco). Nel caso che questa indagine evidenziasse un buco piccolo rispetto agli altri valori precedentementi rilevati, viene chiesta una angioTomografia computerizzata polmonare per escludere “buchi” e malformazioni vascolari a livello polmonare.
In caso di chiusura del PFO, viene suggerito un programma di immersioni controllate a scopo riabilitativo da iniziare dopo il primo controllo con ecodoppler transtoracico, eseguito dopo un mese dall’intervento. Dopo sei mesi dalla chiusura è prevista la visita finale per il via libera alle immersioni senza restrizioni (nell’ambito dei limiti posti dal brevetto).
In Ravenna visitiamo, da diversi anni, circa sessanta subacquei per anno affetti da “buco” (shunt destro sinistro da pervietà del forame ovale, problemi polmonari o altro) e finora per tutti è stata concordata la giusta soluzione individuale al problema (cioè, qualsiasi sia stata la scelta finale, non si sono verificati problemi in immersioni correlati con il “buco”).
Per ulteriori informazioni contatta il Centro iperbarico Ravenna (tel. 0544-500152, email: scrivici@iperbaricoravenna.it).
ciao, Pasquale
Rosario Forestieri
La domanda della Signora Beatrice ricalca esattamente tutte le domande che mi vengono poste da anni dai sub ai quali diagnostico uno Shunt interatriale (e talvolta polmonare).
Allo stato attuale dell’arte medica non abbiamo una risposta precisa da dare.
In effetti la Medicina dello Sport è drastica: con qualunque difetti interatriale non si va sott’acqua.
All’opposto il DAN consiglia immersioni “cautelative”.
Ogni autore poi ci aggiunge del suo.
Una prima importante considerazione da fare è che nello sport subacqueo con autorespiratore abbiamo il “l’ARMA DEL DELITTO”, ossia le bolle. Sono queste che, se in situazioni particolari (Valsalva, sforzo…), una volta giunte in atrio destro riescono a passare in atrio sinistro prendono la strada del circolo arterioso, possono provocare danni embolici.
Nei non sub per i quali cerchiamo la pervietà del forame ovale il discorso tutto sommato è più semplice in quanto se non c’è una fonte embolica, niente dovrebbe succedere.
Nei sub non possiamo avere la certezza che dopo l’immersione non ci siano bolle.
Le risposte che vengono date da più fonti, personalmente ritengo che possono valere su grandi numeri di sub, ma non valgono se valutiamo caso per caso.
Mi sono occupato recentemente di un istruttore che in 30 anni ha fatto migliaia di immersioni senza incidenti, però poi è arrivata quella giusta e si è ritrovato paralizzato. Ebbene aveva un PFO di 3’ grado.
Sicuramente non conosciamo tutti i meccanismi che fanno si che le bolle prendano la strada della fossa ovale, anche se in parte cominciano a chiarirsi adesso che la ricerca è in fermento grazie anche a studi in Risonanza Magnetica (Flow phenomenon), e sicuramente qualche volta passano ma non prendono la via del cervello, però quella volta che in numero sufficiente si infilano nelle carotidi e poi nei vasi cerebrali il sub rischia conseguenze molto gravi.
Nessuno può garantire ad un sub portatore di PFO che sicuramente non avrà incidenti se effettuerà immersioni “prudenti”, ma solo che percentualmente correrà meno rischi.
Questo non mi lascia tranquillo come medico che cura il singolo.
Concordo perciò con Pasquale Longobardi nella condotta medica che si occupa di ogni soggetto con una valutazione personalizzata del caso.
Il numero di bolle su entrambi i lati, il loro passaggio anche a riposo, l’aneurisma del setto (che può favorire il percorso delle bolle verso la fossa ovale), coagulopatie, le presenza di residui embrionali nell’atrio dx, una storia di trombosi venosa………sono elementi da tenere in considerazione.
Una importante valutazione riguarda il numero di immersioni che il sub interessato effettua in un anno. Chiaro che più se ne fanno e più rischi si corrono, tanto più se sono ripetitive, profonde e seguite da sforzi subito dopo l’immersione: non dimentichiamo infatti che l’incidente cerebrale avviene per lo più nella mezz’ora che segue la riemersione.
Solo con uno studio multidisciplinare e con una valutazione finale del medico subacqueo si può arrivare ad una soluzione personalizzata del caso.
Cara Beatrice, segua i consigli del Dottor Longobardi, che alla immensa sapienza scientifica, dimostra di saper usare il buonsenso, che in medicina è la prima regola da seguire.
Pasquale Longobardi
caro Rosario, ti ringrazio vivamente per il tuo competente contributo.
Nel nostro settore, l’ecodoppler transcranico e l’ecocardiografia transesofagea devono essere eseguite, a mio parere, da medici esperti che conoscano le problematiche dell’attività subacquea.
Ho immensa stima e fiducia per la tua competenza e abilità pertanto indico, ai lettori del blog, il tuo contatto:
Dottor Rosario Forestieri, Studio di Ecografia-Ecocardiografia-Ecocolordopplergrafia
Via Cima da Conegliano 10, 31041 Cornuda (TV), tel.: 0423839774
Un abbraccio, Pasquale
Beatrice
Grazie Pasquale e grazie anche a Rosario. Cercherò di fare una visita al CIR prima possibile dato che da quando mi hanno diagnosticato il FOP ho stoppato qualunque attività con le bombole.
Vorrei però aggiungere che occorrerebbe più serietà anche a livello istruttori o federazioni dato che nessuno avverte mai dei problemi che si possono avere con il FOP e in quasi nessun caso viene richiesto almeno un ecocardiogramma.
Io ho scoperto per puro caso il FOP proprio con un ECG, ma alla visita medica necessaria per le immersioni mi avevano fatto eseguire solo l’elettrocardiogramma e da li non era emersa nessuna controindicazione.
Ogni istruttore , ogni federazione dovrebbe ricordare che è responsabile del suo allievo quanto del sub che ha formato se non specifica chiaramente le problematiche che possono incontrarsi con le immersioni, bisogna arrivare a rendere obbligatoria una visita cardiologica completa di fine di verificare l’eventuale sussistenza di problematiche incompatibili con le immersioni. Io sono stata fortunata, altri purtroppo no!!
Grazie a tutti voi.
Beatrice.
Beatrice
Hai/avete ragione…e Vi chiedo scusa.
Il fatto è che l’aver corso magari dei rischi inutili mi fa pensare…e in particolari momenti anche arrabbiare. Mia figlia si immerge da sempre con me e, per fortuna lei non ha FOP…ma questo lo abbiamo appurato solo in seguito alla mia diagnosi. Scusatemi ancora per la crudezza delle parole precedenti.
Buona giornata a tutti voi.
Pasquale Longobardi
cara Beatrice, ti ringrazio per l’interessante stimolo alla discussione nel blog. La sicurezza nell’attività subacquea è un tema di vitale importanza per chi adora questa attività.
La letteratura attualmente ritiene che non sia necessario eseguire la ricerca dello shunt destra sinistra in tutti i subacquei, anche se molti medici – esperti nel settore – lo auspicano.
Le Agenzie didattiche e le Federazioni, certamente, dovrebbero auspicare una visita di idoneità all’immersione accurata eseguita da un medico esperto in medicina sportiva e subacquea. Invece alcune Agenzie (PADI in primis) difendono strenuamente la sufficienza di una autocertificazione di buona salute rilasciata dal subacqueo stesso e/o la visita del medico di medicina generale (di famiglia). Il motivo è evitare la spesa di settanta euro per la visita medica che potrebbe allontanare l’aspirante subacqueo da questa attività.
Rafforzo il tuo commento: è vero che le Federazioni e Agenzie dovrebbero essere più attente a spiegare l’importanza di una visita medica accurata per l’idoneità all’immersione. I subacquei, anche, dovrebbero pretendere una visita di idoneità appropriata.
Ciao, Pasquale
ermanna piccioni
Molto interessante tutto ciò che ho letto.-Dal 1973 sia io che mio marito ci immergiamo.Dal 1978 Istrutt. FIPSAS. Pantelleria 1985 per salvare un’amica portata di peso in superfice, deco saltata .(prof.mass.42mt. 15′) mio marito all’uscita accusa nel salire sul gommone un forte dolore alla schiena .Sviene e paralisi dalla vita in giù. L’amica niente. Dal 2000 mio marito non s’immerge più. Nel 2011 a causa di un’improvviso dolore alla schiena ha l’occasione di fare diversi esami clinici e fra questi anche ECOCARDIOGRAFIA transesofagea, e si scopre che ha il forame ovale pervio. Considerato l’avvenimento accadutogli a Pantelleria si potrebbe supporre che a differenza della ragazza salvata in stato di panico che non ha avuto niente, sia questa la spiegazion per l’ MDD che ha subito. Grazie e buon lavoro ermanna
michele li gammari
Ringrazio pubblicamente il Prof. Longobardi per la sua disponibilità e cortesia, non da meno il suo staff, mi ha contattato personalmente e dopo avere visionato la mia cartella clinica mi ha rassicurato sulla possibilità di continuare a fare attività apneistica.Il problema è da ricercare al trove..probabilmente per via di una cervicalgia che si protrae nel tempo.
Ancora grazie
Michele Li Gammari
Il Centro Iperbarico di Ravenna si impegna a proteggere e rispettare la privacy degli utenti: le informazioni personali raccolte vengono utilizzate solo per amministrare gli account e fornire i prodotti e servizi richiesti. Gli utenti potrebbero essere contattati con suggerimenti su prodotti, servizi o altri contenuti che a nostro giudizio potrebbero essere di loro interesse.
Puoi annullare l'iscrizione a queste comunicazioni in qualsiasi momento. Per ulteriori informazioni su come eseguire questa operazione, consulta le nostre normative sulla privacy e altre indicazioni su protezione e rispetto della privacy, leggi la nostra Informativa sulla privacy.