Decompressione: in risalita i tessuti caricano o scaricano l’azoto?
Abbiamo ricevuto un e-mail nella quale Stefano, rivolgendosi al Dottor Longobardi, chiede delucidazioni sulla saturazione dei tessuti durante la decompressione in attività subacquea. Ecco il messaggio:
Buonasera, è nata da tempo una diatriba fra noi professionisti, la domanda è questa: secondo la legge fisica nella risalita un subacqueo rilascerà gas dal proprio corpo. Da una discussione medica, si asserisce che certi tessuti non rilascino gas in risalita ma bensì continuino a saturarsi nonostante l’operatore diminuisca la pressione parziale dei vari gas nei propri tessuti.
Le faccio un esempio di un profilo sportivo tipo: discesa fino a – 40 mt in 7 min, permanenza sul fondo di min 10, risalita diretta verso la prima tappa di decompressione.
Prima domanda: in risalita è possibile che vi siano dei tessuti che stanno ancora caricando o tutti i tessuti con la risalita scaricheranno il gas contenuto nei tessuti, a prescindere da quali siano?
C’è chi dice che, inoltre, durante un deep stop a meno -20 mt (con il profilo precedente) il sub non scarichi gas ma bensi lo tende a caricare (nonostante lo stesso abbia fermato, ipoteticamente, lo scarico dei gas con una sosta).
La ringrazio e mi scusi per il disturbo ma con i miei dipendenti, ogni tanto, intavoliamo delle discussioni. Cordiali saluti, Stefano.
Risponde qui sotto, nei commenti, il nostro Direttore Sanitario Dott. Pasquale Longobardi, laureato in Medicina e Chirurgia con specializzazione in Medicina del Nuoto e delle Attività Subacquee. Per approfondimenti sui nostri servizi legati alla medicina subacquea clicca qui sotto:
Pasquale Longobardi
04/01/2011, 21:52:22
caro Stefano, ti ringrazio per l’attenzione e per il piacevole quesito. Mi fa immenso piacere immaginare un’Azienda nella quale l’imprenditore e i dipendenti, durante una pausa del lavoro, discutono di argomenti ostici quali la saturazione dei tessuti durante la decompressione … non parliamo mica di belle donne: fatti non pugnette! Mi piace.
Il corpo umano è composto da diversi tessuti (sangue, muscolo, organi, ossa, ecc.) che hanno caratteristiche diverse ai fini dell’assorbimento (in discesa) e della liberazione (in risalita) dell’azoto.
Immaginiamo ogni tessuto come un tipo diverso di materiale assorbente (spugna naturale, moccio Vileda, foglio di giornale, Spontex, ecc.) con il quale vogliamo asciugare la stessa quantità di liquido.
Nel tuo esempio siamo immersi a 40 metri per un tempo di fondo (discesa compresa) di diciassette minuti. I tessuti veloci (come il sangue che si riempie a metà di azoto in meno di 5 minuti) saranno zuppi di azoto; quelli intermedi (come l’orecchio interno che si riempie a metà di azoto in 8,8 minuti o il midollo che si riempie a metà di azoto in 12 minuti) saranno pieni a 3/4; quelli lenti (come il grasso) saranno quasi vuoti.
In risalita la pressione esterna diminuisce, è come se il materiale assorbente (spugna, ecc.) fosse strizzato con minore forza e lasciasse colare un pò del liquido che aveva assorbito sul fondo ma sempre in acqua rimane! Quindi continua ad assorbire per quanto gli sia possibile: i tessuti veloci scaricano rapidamente e accumulano poco altro azoto; i tessuti lenti scaricano poco e continuano lentamente ad assorbire (anche durante la risalita).
Cosa comporta il fatto che durante la risalita i tessuti continuino ad assorbire azoto? Nulla, se l’immersione fosse l’unica della giornata. In supericie l’azoto residuo verrebbe scaricato con calma.
Invece, se fosse prevista una immersione successiva allora sarebbe saggio emergere subito dopo aver completato il tempo previsto dalle tabelle di decompressione per eventuali tappe o emergere appena il computer segnali il “dec99” (rispettando la sosta di sicurezza concordata in precedenza, per esempio: tre minuti a cinque metri).
Chi scelga di rimanere in immersione “per finire la bombola” o per le fotografie, continuerà ad accumulare azoto e aumenterà il “rischio residuo” cioè la probabilità di incidente da decompressione durante l’immersione successiva. Difatti l’azoto “residuo” dalla precedente immersione si sommerà a quello accumulato nella seconda immersione.
Anche durante le soste profonde ci sarà contemporaneamente sia lo scarico che il carico dell’azoto. Si consiglia di eseguire le soste profonde solo se l’immersione sia più profonda di 25 metri (in questo caso lo scarico dell’azoto sarà superiore al carico). Per immersioni meno impegnative la sosta profonda non da vantaggi significativi in termini di riduzione della probabilità di incidente da decompressione.
Per quanto sia argomento controverso (non c’è un accordo tra tutte le didattiche), consiglio che la sosta profonda sia effettuata a metà della pressione assoluta (o a metà della profondità meno cinque metri). Per esempio, nella tua immersione a 40 metri la sosta profonda sarà a 15 metri (40 diviso 2 = 20; 20 – 5 = 15 metri).
C’è invece evidenza scientifica che la sosta profonda debba durare almeno due minuti per abbattere l’80% delle bolle liberate durante la risalita.
Spero di esserti stato utile. Un caro saluto ai tuoi dipendenti e a te con felici auguri per un “frizzante” 2011.
Pasquale
Claudio
04/01/2011, 22:19:53
…sempre preciso ed esaustivo..è un pacere leggerti !!
Un sereno 2011 ! Claudio
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