Stato di minima coscienza: la terapia iperbarica può aiutare?
Stella ci contatta perché il marito, in seguito a un grave incidente e a uno stato di coma, a distanza di 9 anni è ancora in stato di minima coscienza.
Nel messaggio che ci ha scritto, chiede se l’ossigenoterapia iperbarica possa migliorare, in qualche modo, la situazione:
Gentile Dottor Longobardi, sono la moglie di un ragazzo che – a seguito di un incidente stradale occorso 9 anni fa – ha avuto un’emorragia tetraventricolare e come conseguenza il coma. Oggi le fonti mediche italiane dicono si trovi in stato di minima coscienza. Segue con attenzione gli stimoli dell’ambiente esterno (segue con attenzione discorsi; risponde con la gamba destra alzandola per dire si; presta continua attenzione ai programmi TV: telefilm, sport, ecc) ma non parla (emette solo suoni cercando di articolare le parole ma non ci riesce) e si nutre attraverso la PEG, sebbene dalle analisi effettuate, deglutisca in modo corretto.
Vorrei sapere se il trattamento nella camera iperbarica possa essere utile per un miglioramento delle condizioni di mio marito e, se si, quali effetti siano previsti dopo tale terapia.
La ringrazio fin d’ora per la gentile attenzione e nell’attesa di un cortese riscontro, le invio cordiali saluti.
Stella
Risponde, nei commenti, il nostro Direttore Sanitario Dott. Pasquale Longobardi. Per saperne di più sulle patologie trattabili con l’Ossigenoterapia Iperbarica clicca qui:
Pasquale Longobardi
cara Stella, ti ringrazio per l’attenzione. Sento vivo il tuo interesse per quanto la ricerca metta a disposizione per migliorare la condizione di tuo marito. Lui merita il tuo amore e ti dico ciò che conosco in merito.
Il Servizio Sanitario Nazionale non accetta di farsi carico del costo della ossigenoterapia iperbarica nel trattamento delle patologie neurologiche. Inoltre, la Società Italiana di Medicina Subacquea e Iperbarica (SIMSI) puntualizza che non vi siano evidenze scientifiche a supporto della ossigenoterapia iperbarica (OTI) nelle patologie cerebrali croniche (www.simsi.org vedi “comunicati”).
Ciò premesso, esistono diversi lavori a favore della terapia iperbarica nel trauma cranico. Ti riporto il riassunto di due interessanti comunicazioni al Convegno della European Underwater Baromedical Society (EUBS) che si è tenuto, recentemente, a Gdansk dal 24 al 27 agosto 2011.
Brkic P. “The effects of the hyperbaric oxygenation on antioxidant status and lipid peroxidation after the experimental brain injury”
Studio sperimentale su animale con gruppo di controllo. In un gruppo di animali é stata rimossa la corteccia sensitivomotoria destra. L’attività metabolica è stata valutata con spettrofotometria. Il trattamento con ossigeno iperbarico ha ridotto significativamente (p<0,05) il livello di malonildialdeide (MDA) in circolo – che è un indice di perossidazione lipidica, cioè di danno ossidativo – rispetto al gruppo controllo (che aveva subito lo stesso danno cerebrale chirurgico, senza essere trattato con OTI). Nel gruppo OTI, il danno ossidativo è ridotto grazie al significativo aumento (p<0,05) della superossido dismutasi (SOD) e della glutatione perossidasi (GSP-PX) che sono effettori della difesa antiossidante dopo danno cerebrale sperimentale. L’Autore auspica che venga studiata la sinergia tra OTI e riabilitazione nel trattamento dei traumi cranici.
nota: preciso, per correttezza, che gli studi su animale sono utili ai fini della ricerca ma hanno poco valore per la medicina basata sulle prove di evidenza (non è detto che ciò che sia utile per gli animali valga per gli uomini).
Agoston V. “Effects of HBOT on survival and differentiation of neuroectodermal cells with stem cell properties in cortical injury model”
Le aree lesionate della corteccia frontale vengono continuamente colonizzate dalle cellule staminali neurogene, come le GFP-4C (sono cellule totipotenti che provengono dal midollo e che potrebbero diventare cellule nervose mature) ma nelle aree danneggiate la carenza di ossigeno (ipossia o ischemia) non si attiva il processo verso la maturazione come neuroni. L’ipossia interferisce con le vie delle cellule staminali mediate da HIF-1 Notch, Wnt e Oct-4 (sono sostanze chimiche che attraggono le cellule staminali in sede di lesione. HIF, per esempio, sta per Hypoxic Induced Factor) perché altera l’azione dei neuromodulatori.
L’Autore presenta un modello sperimentale (quindi anche questo studio è stato eseguito su animali) che ha l’obiettivo di verificare se l’OTI (2,5 bar, due cicli di 30 minuti per 7 giorni consecutivi) possa facilitare la maturazione delle cellule staminali neurogene nelle aree lese.
Nell’area della lesione, nel gruppo OTI migliora significativamente la maturazione delle cellule staminali nelle aree lese anche se, con il protocollo OTI utilizzato (nota: a mio parere troppo aggressivo), appare ridotto – rispetto al controllo – il numero delle cellule embrionali non differenziate che esprimono SSEA-1 presenti nell’area della lesione. Nel gruppo OTI è ridotta sia l’apoptosi (che è il processo di eliminazione selettivo, “suicidio”, delle cellule nervose danneggiate) che l’attività mitotica (che è l’attività di replicazione delle cellule). Questo significa che nel gruppo OTI ci sono meno cellule staminali neurogene rispetto al gruppo controllo ma maturano meglio.
Nota: il follow up è stato eseguito per qualche mese e si è escluso che le cellule staminali maturate degenerino in cellule tumorali (attualmente la ricerca sulle cellule staminali attraversa un momento difficile perché è necessario essere certi che la promozione delle attività di queste cellule totipotenti non degeneri nell’innesco di un tumore).
Il dr. Longobardi (cioè il sottoscritto) ha osservato che il protocollo OTI è troppo aggressivo e sarebbe preferibile una pressione assoluta in camera iperbarica di 1,5-1,7 bar. L’Autore concorda.
L’Autore ha segnalato inoltre che ritiene importante il ruolo della riabilitazione per facilitare l’attecchimento e la maturazione delle cellule staminali nell’area lesa.
In sintesi: l’ossigenoterapia iperbarica, secondo la mia esperienza, è utile negli esiti di trauma cranico se associata con terapia riabilitativa. I miglioramenti variano da paziente a paziente. In generale sono un incremento dell’attenzione, una migliore collaborazione alla terapia riabilitativa, un miglioramento motorio.
Per quanto riguarda tuo marito, non ho conoscenze, esperienza e mi mancano informazioni specifiche sul caso, per dirti se possa migliorare la parola e la capacità di alimentarsi autonomamente. Inoltre è da considerare la difficoltà logistica di sottoporlo al trattamento iperbarico (per venti sedute, ciascuna della durata di ottanta minuti).
Ciao, Pasquale
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