Piaghe post-operatorie non permettono la riabilitazione: che fare?
Luigia ci scrive perché un conoscente, dopo una complessa operazione chirurgica, risiede in ospedale senza possibilità di riabilitazione, in quanto le ferite riportate (in gran parte lesioni da pressione) non accennano a chiudersi.
Questo è il messaggio che ci ha scritto:
Gentile dr. Longobardi, scusi la mia completa ignoranza in materia ma credo che lei potrà aiutarmi.
Un mese fa una persona diabetica con gravi danni cardiaci e in gravissime condizioni fisiche è stata miracolosamente salvata al policlinico di Bari da un intervento chirurgico consistente in tre by-pass e l’asportazione della tiroide. Nonostante il buon esito dell’intervento oggi ci viene detto dal personale medico che la riabilitazione non sarà possibile in quanto la paziente ha un piede in necrosi, una piaga alla schiena al quarto stadio e una ferita sanguinante dove è stata prelevata la safena.
Quali pericoli corre? Cosa ci consiglia di fare? Dovremmo portarla in un centro specializzato?
Grazie per la sua cortese attenzione, Luigia.
Risponde qui sotto, nei commenti, il nostro Direttore Sanitario Dott. Pasquale Longobardi. Per ulteriori approfondimenti sui percorsi di cura dedicati alle ferite difficili, clicca qui:
Pasquale Longobardi
cara Luigia, ti ringrazio per l’attenzione e mi dispiace vivamente per il tuo conoscente. E’ assurdo che, nel 2011, una persona – dopo la riuscita di un difficile intervento che avrebbe dovuto ridargli il recupero della propria vita – rimanga allettata in ospedale per diverse piaghe.
E’ essenziale valutare la situazione generale della persona (calo di peso nell’ultimo periodo, come si nutre, la quantità totale di proteine, di albumina, di ferro nel suo corpo). Integrare i componenti dell’alimentazione (aminoacidi, proteine) che favoriscono la riparazione delle ferite).
E’ necessario seguire il percorso TIME-care:
– Tessuto: pulire la parte morta (specialmente nella piaga da pressione e nel piede necrotico)
– Infezione: controllare l’infezione con antibiotici per bocca o flebo ma anche con l’accurato lavaggio delle piaghe e l’utilizzo di medicazioni che combattono i microbi (all’argento, per esempio)
– Macerazione: controllare l’essudato, la perdita di liquidi ed evitare la macerazione dei bordi
– Epitelizzazione: favorire la cicatrizzazione della piaga. Il meglio è l’associazione tra una terapia sistemica quale la ossigenoterapia iperbarica (che stimola la sintesi di monossido di azoto, un potente rigenerante della circolazione e dei tessuti) e una terapia locale quale la terapia a pressione negativa (un dispositivo che consiste in una medicazione sulla piaga e una pompa che aspira i liquidi 24 ore/24)
– Care: mobilizzare costantemente la persona. La riabilitazione è fondamentale. La piaga da decubito è spesso dovuta a una carente mobilizzazione dopo l’intervento. Così come è essenziale l’ascolto della persona; stargli psicologicamente vicino. La mente sana, la voglia di vivere è fondamentale per la guarigione.
Contatta il coordinatore della Sezione Puglia dell’Associazione Italiana Ulcere Cutanee (AIUC): Dr Vincenzo Lauletta, chirurgo vascolare ASL TA1, Viale Trentino 123, Taranto (tel. 3456464922, e-mail vincenzo.lauletta@vodafone.it).
Nel Policlinico di Bari collabora anche un consigliere di AIUC Puglia, l’infermiere Gianluca Maglia.
Gli altri consiglieri AIUC Puglia li trovi nel sito http://www.aiuc.it/sezioni_regionali/16/Puglia/equipe.php
In caso di difficoltà contatta l’infermiera Patrizia Baroni (esperta in riparazione tessutale e segretario nazionale AIUC) o me presso il Centro Cura Ferite Difficili (Centro iperbarico Ravenna tel. 0544-500152).
In bocca al lupo, Pasquale
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