Shunt destro sinistro piccolo: l’immersione tecnica è permessa?
Michele, istruttore subacqueo, ci scrive perché un suo allievo desidera partecipare a un corso di immersione tecnica. Tuttavia, lo stesso Michele ha qualche riserva per una precedente diagnosi di PFO (Pervietà del Forame Ovale)
Ci ha inviato questo messaggio:
Ciao Pasquale, ti contatto su Facebook poiché non ho altri tuoi recapiti. Non ho il piacere di conoscerti personalmente ma avrei bisogno di porti un quesito. Un subacqueo reduce da una tua accurata visita (dopo che gli era stata diagnostica la Pervietà del Forame Ovale) desidererebbe partecipare a un corso di immersione tecnica.
A ragion sua, letto il referto, nulla osterebbe alla sua partecipazione e alla pratica di immersioni tecniche (in questo caso si parla di un corso trimix normossico, massima profondità 50 metri, massima deco 30 minuti). Alcune didattiche tecniche richiedono, come requisito per la partecipazione al corso, l’esclusione del PFO e non consentono la partecipazione a coloro che sono affetti da tale patologia (ciò a prescindere da quanto sia grande la pervietà).
Nel tuo certificato di idoneità all’immersione ci sono importanti limitazioni. Rispettare tali restrizioni sarebbe impossibile (non solo durante il corso) ma anche nella “vita reale”. Nell’ottica di un’immersione di team, peraltro, tutti dovrebbero seguire le limitazioni da te indicate.
La mia domanda, molto schietta – e spero mi perdonerai – è… ma non vale la pena (per chiarezza) dire che in presenza di un simile PFO l’immersione tecnica (che non è un’immersione nitrox o con gas diverso dall’aria che dir si voglia) è assolutamente sconsigliata? L’esperienza sul campo insegna che ci sono persone convinte che avere un forame piccolo significhi non avere il forame.
Ritengo che il subacqueo in causa non possa partecipare al corso e credo tu possa confermarmi che questa è l’unica decisione possibile.
Mi auguro troveremo il modo di conoscerci personalmente mentre ti porgo i miei più cordiali saluti. Michele
Risponde qui sotto, nei commenti, il nostro Direttore Sanitario Dott. Pasquale Longobardi, laureato in Medicina e Chirurgia con specializzazione in Medicina del Nuoto e delle Attività Subacquee. Per approfondimenti sui nostri servizi legati alla medicina subacquea clicca qui sotto:
Pasquale Longobardi
caro Michele, ti ringrazio per l’attenzione e la stima. Mi dai la preziosa opportunità di chiarire, nel blog del Centro iperbarico Ravenna, una questione diffusa.
Per quanto riguarda lo shunt destra sinistra, il PFO è solo uno dei possibili “buchi” dove possa avvenire il travaso di sangue venoso (e bolle) nel sangue arterioso; altri “buchi” sono nel circolo polmonare, intestinale e altrove (ho trovato un paio di shunt da angiomi cavernosi negli arti). Un piccolo shunt destra sinistra è presente, fisiologicamente, nella maggior parte delle persone (e dei subacquei).
Il problema reale è definire lo shunt come “piccolo” tramite adeguata procedura. Servono dati numerici: meno di venti bolle, contate da un operatore esperto con ecocolordoppler transcranico con contrasto sonografico su entrambi i lati del cranio, durante manovra di Valsalva e/o compressione addominale (tipo squat); pressione parziale dell’ ossigeno nel sangue arterioso – misurata tramite emogasanalisi – poco inferiore ai 400 millimetri di mercurio, durante respirazione di ossigeno puro con erogatore o maschera a elevato flusso.
Lo shunt che sia veramente piccolo non è operabile.
La seconda considerazione riguarda la probabilità di incidente da decompressione. Lo shunt di per sé non è causa dell’incidente che, invece, dipende dallo stress decompressivo (cioè da quanto il profilo di decompressione faciliti la sovrasaturazione dei tessuti, l’innesco e l’espansione delle bolle) e dall’indice di esposizione (che è la pressione per la radice quadrata del tempo).
La probabilità che si abbiano incidenti da decompressione è di due casi ogni diecimila immersioni ricreative e turistiche. L’immersione tecnica è correlata con un numero più alto di incidenti mortali (per errore umano) mentre, se effettuata correttamente (giusta pressione parziale dell’ossigeno), è correlata con una riduzione degli incidenti da decompressione perché l’innesco e le dimensioni delle bolle sono ridotte rispetto all’immersione ricreativa (respirazione in aria e aria arricchita in ossigeno).
Ciò premesso, vietare l’immersione tecnica in caso di shunt destra sinistra piccolo e non operabile potrebbe essere una discriminazione non supportata dai dati scientifici e statistici.
Probabilmente, la soluzione è consentite la formazione del subacqueo affetto da piccolo shunt informandolo che potrà immergersi solo con un team che abbia voglia di condividere i suggerimenti per la sicurezza che gli sono stati dati: buona igiene di vita (abolire alcool, attività fisica aerobica costante, alimentazione povera di carni rosse e ricca di frutta e verdura); una sola immersione al giorno; pressione parziale dell’ossigeno sul fondo di 1,2 bar; pressione parziale di ossigeno minima – calcolata prima del cambio miscela durante la risalita – di 0,5 bar (o 500 millibar); minimizzare lo sforzo prima dell’immerisone (utilizzando carrelli o altro per facilitare il trasporto dell’attrezzatura), in immersione (magari utilizzando uno scooter subacqueo) e specialmente durante la risalita in barca; decompressione calcolata con un software correttamente impostato (p.es. in V-Planner: critical radius azoto 1,1; critical radius elio 0,9; gradient onset imperm. 5,0) o elaborazione della decompressione secondo la “ratio deco” basata sulla scelta della appropriata finestra di ossigeno.
Con queste regole, la probabilità di incidente da decompressione è bassa per tutti. Quindi piuttosto che escludere dal team il subacqueo portatore di shunt piccolo, ritengo che accettarlo nel team potrebbe essere considerato una opportunità per migliorare la pianificazione dell’immersione e la sicurezza di tutti.
Resto a disposizione per chiarimenti, augurandoti un tranquillo Natale. Pasquale
Rosario Forestieri
Torno a dire che è sempre più necessario che le Società Scientifiche (nel nostro caso la SIMSI) formino una commissione di esperti e che vengano stilate linee guida che siano rispettate da tutti in modo da parlare un linguaggio comune.
Questo da un lato pone al riparo il paziente da decisioni prese dal medico per “convinzione personale”, dall’altro pone al riparo il medico che oggi può dare solo dei consigli dettai dalla sua esperienza.
Da quando è esploso il caso Cassano ho ricevuto un sacco di richieste per la diagnostica del PFO.
Otto giorni fa ho trovato al Doppler Trascranico in 2 subacquei accaniti pervietà importanti con passaggio massivo di bolle senza manovra di Valsalva a 12 secondi dall’iniezione della soluzione salina agitata (a quel punto l’esame va sospeso in quanto la diagnosi è fatta).
Dopo 2 giorni ho esaminato 4 sub che devono intraprendere corsi tecnici e per loro fortuna l’esame è stato negativo, mentre una donna che era insieme a loro ha avuto un passaggio di solo 3 bolle a 13 secondi dall’iniezione dopo Manovra di Valsalva forzata.
Un mese fa invece ho visto un sub che ha avuto un incidente decompressivo cerebrale in Croazia ed ha effettuato un primo trattamento iperbarico a Pola, un successivo trattamento a Vicenza, con buon recupero. Si è poi rivolto a me e al Doppler Transcranico c’è stato un passaggio massivo di bolle a 12 secondi a riposo.
Ho descritto questi casi perché chiaramente l’atteggiamento terapeutico è stato diverso nei vari casi positivi.
I primi due con passaggio di bolle importante a riposo (uno dei due ha già fatto una risonanza magnetica ed ha numerose chiazze ischemiche bilaterali) corrono parecchi rischi con l’attività subacquea e una chiusura è proponibile se vogliono continuare a fare gli scatenati.
Alla donna ho consigliato di continuare ad immergersi facendo immersioni ricreative con i criteri prudenziali che ha citato Pasquale Longobardi nella sua risposta.
Il terzo è già in lista operatoria.
I miei consigli sono stati dettati da quanto ho appreso dalla letteratura scientifica, dall’esperienza, dalla consultazione con altri Specialisti che collaborano con me, e soprattutto dal buonsenso (che spero di avere avuto).
Colgo l’occasione per augurare a tutti un felice natale, ma permettetemi di augurarlo davvero speciale a Pasquale Longobardi, che con questo blog è diventato un punto di riferimento e una ricca fonte di informazioni sia per pazienti che per medici.
Rosario Forestieri
Pasquale Longobardi
caro Rosario, ti ringrazio vivamente per il tuo prezioso contributo al blog. La tua esperienza sul campo è notevole e il tuo racconto dei casi clinici è importante perché permette di confrontarsi su situazioni reali oltre che su aspetti teorici.
Invito i lettori, interessati ad approfondire l’argomento dello shunt destra sinistra, a consultare il tuo sito web: http://www.docvadis.it/rosario-forestieri/index.html
Concordo con l’importanza che la SIMSI promuova l’elaborazione di un documento di posizionamento sullo shunt destra sinistra: tu parlane con il Presidente dr. Marco Brauzzi, io chiederò che sia inserito all’ordine del giorno del prossimo Consiglio direttivo.
Auguri per un tranquillo Natale alla tua famiglia, allo staff e a te. Con stima e amicizia, Pasquale
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