Mi hanno sconsigliato di chiudere il PFO ma non voglio appendere la muta al chiodo! C’è un’alternativa?
A Paolo è stato diagnosticato il Forame Ovale Pervio, ma senza necessità di intervento di chiusura. Paolo vuole però tornare a praticare l’attività subacquea e ci chiede cosa fare.
Paolo scrive:
Spett.le Dott. Longobardi, Le scrivo per avere un suo parere e le descrivo in sintesi i miei trascorsi.
Ero sub amatoriale CMAS. Dopo due incidenti durante pratica sub, nel 2008, fui da lei indirizzato ad una serie di accertamenti per sospetta pervietà del forame ovale (Premetto che nel 1990 avevo avuto un TIA, ma all’epoca non ne furono accertate le cause).
Alla fine degli esami la Cardiologa diagnosticò PFO con shunt dx-sx di grado moderato. La Dott.ssa, e in seguito un altro collega Cardiologo dello stesso ospedale, consigliarono di non eseguire l’intervento di chiusura del PFO ma di proseguire con la cardioaspirina.
Oggi ho 55 anni, dato che desidero fortemente poter fare subacquea, vorrei sapere se lo ritiene possibile e con quali vincoli. Se, come penso, per poter riprendere dovrei chiudere il PFO, le chiedo gentilmente a quale chirurgo e/o struttura potrei rivolgermi.
Le manifesto anche questa perplessità: quando feci le visite cardiologiche mi fu detto che l’attuale tendenza è di non operare se non in casi gravi, mentre che qualche anno prima mi sarebbe stato consigliato l’intervento. Temo di essere uno di quei casi che, essendo ritenuto non grave, rimane a “metà strada”.
Io non ho nessun timore di affrontare l’eventuale intervento, ma, oltre al fatto che vorrei ricominciare la subacquea, temo anche rischi ischemici futuri. Non sono più giovane, e non vorrei trovarmi sotto i ferri da anziano!
Alla luce di quanto sopra, vorrei essere indirizzato a un chirurgo che, al di la delle tendenze o mode del momento, prenda seriamente in considerazione la possibilità di operarmi.
Grazie per la sua attenzione, cordiali saluti. Paolo
Qui sotto, nei commenti, la risposta del nostro personale medico-infermieristico.
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Luigi Santarella
Caro Paolo,
Il DAN suggerisce ai subacquei portatori di PFO tutta una serie di accorgimenti per ridurre al minimo il rischio di incidente da decompressione. Questo si ottiene con la riduzione della profondità (max 30 mt), la risalita lenta, immersioni in curva di sicurezza ed il rispetto di una sosta di sicurezza da 3 a 5 mt prima di emergere. Si raccomanda di evitare, dopo l’immersione, attività fisica pesante come sollevare le bombole, gonfiare il gav a bocca, e anche di fare sforzi eccessivi per defecare o urinare. A queste raccomandazioni mi sento di aggiungere quelle indicazioni di igiene nello stile di vita che si consigliano a tutti i subacquei, cioè svolgere attività aerobica quotidiana in preparazione ai periodi in cui si effettueranno le immersioni, implementare nella dieta l’apporto di frutta e verdura, evitare le grandi abbuffate e l’eccesso di alcolici, cercare di ridurre lo stress quotidiano ed evitare il fumo di sigaretta.
Per quanto riguarda il tuo caso, avendo avuto incidenti da decompressione (la cui gravità però non si deduce dal tuo racconto) che si possono attribuire allo shunt destro-sinistro, ritengo che la chiusura del forame ovale pervio sia appropriata se vi sia stato incidente da decompressione neurologico, vestibolare, malattia cerebrovascolare, evidenza in Risonanza Magnetica (RMN) di ischemia cerebrale, predisposizione alla formazione di coaguli (trombofilia), aneurisma importante del Setto InterAtriale, shunt destra sinistra grave in condizioni basali.
Nel tuo racconto non fai riferimento alle indagini da te effettuate in passato, per cui ti elenco i criteri che prendiamo in considerazione al Centro Iperbarico per valutare se lo shunt destra sinistra è più o meno grave:
1) pregresso incidente cerebrale ischemico o da decompressione subacquea;
2) evidenza strumentale (TAC, RMN, PET) di danno ischemico cerebrale;
3) rischio di trombofilia (positività in omozigosi per il fattore II, fattore V, fattore MTHFR, omocisteina, proteina S);
4) ecodoppler transcranico positivo per passaggio di bolle in condizioni basali;
5) ecocardiografia transtoracica positiva per aneurisma del setto interatriale;
6) ecocardiografia transesofagea positiva per un PFO con dimensioni superiori a 4 millimetri (quest’ultima indagine, essendo invasiva, è eseguita solo in preparazione all’intervento di chiusura del PFO).
Consideriamo necessaria la chiusura del PFO solo quando ci sono 3-4 criteri su una scala di sei.
Altrimenti (cioè se non ci sono stati incidenti subacquei, sono assenti lesioni cerebrali, di trombofilia, lo shunt destra sinistra è presente dopo Valsalva) si suggeriscono semplicemente delle norme di buona prassi, diverse per immersioni ricreative e tecniche, affinché nell’immersione si producano poche bolle.
Nell’attesa dei chiarimenti sulla gravità dei tuoi incidenti da decompressione e sulle indagini da te svolte, ti consiglio, se vorrai, una rivalutazione del tuo caso , presso il Centro iperbarico Ravenna (0544-500152, scrivici@iperbaricoravenna.it) con una visita del neurologo (dr. Paolo Limoni) per il doppler e una visita del medico subacqueo per le valutazioni finali e l’eventuale indicazione all’intervento di chiusura del PFO. Si esegue tutto il martedì e l’impegno è di mezza giornata.
Un saluto cordiale,
Dott. Luigi Santarella
Laurea in Medicina e Chirurgia all’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, n. ordine dei Medici Chirurghi di Ravenna: 3151
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