Quattro falsi miti sulla camera iperbarica: sfatiamoli insieme
Ogni giorno più di cento pazienti entrano nelle camere iperbariche del Centro Iperbarico di Ravenna per sottoporsi al trattamento di ossigenoterapia iperbarica (OTI).
L’OTI è una terapia basata sulla respirazione di ossigeno puro al 100% o miscele gassose iperossigenate all’interno di una camera iperbarica, un ambiente pressurizzato a pressione superiore rispetto a quella atmosferica. La pressione permette la diffusione dell’ossigeno nel sangue con una concentrazione superiore anche dieci volte rispetto al normale; in questo modo si favorisce la formazione di nuovi vasi sanguigni e si mobilitano le cellule staminali. L’OTI, riattivando i processi metabolici bloccati, porta alcune importanti malattie a guarigione o miglioramento.
Spesso, la prima volta che entrano in camera iperbarica i pazienti sono intimoriti dal nuovo ambiente e molti sono i dubbi e le perplessità che esprimono al nostro personale sanitario.
Abbiamo pensato di raccogliere alcune delle domande più frequenti che il nostro staff si sente fare ogni giorno e abbiamo chiesto al nostro Responsabile dei Tecnici Iperbarici del Centro Iperbarico di Ravenna, Gian Luca Baroni, di aiutarci a sciogliere alcuni dubbi.
Gian Luca, quali sono i dubbi più comuni tra i pazienti che entrano nella camera iperbarica?
Una delle domande più comuni è: “Soffro di claustrofobia. Come faccio a entrare in camera?”. La camera è un ambiente circoscritto (2,20-2,30 m di diametro), quindi il senso di chiusura iniziale è più che normale. Spesso la paura del paziente è quella di non poter uscire dalla camera. Il problema non c’è perché tutte le camere sono attrezzate di una garitta, un piccolo ambiente collegato alla camera principale che in caso di necessità consente il trasferimento di persone verso l’interno e verso l’esterno, senza interrompere la terapia.
Inoltre, spesso ci sentiamo domandare: “La camera iperbarica può scoppiare?”. Si tratta di una domanda assolutamente lecita, ma di fatto la risposta è negativa. Le camere iperbariche, essendo dei dispositivi a pressione, sono dotate per legge di valvole di sovrappressione tarate al massimo alla pressione di esercizio, che nel nostro caso è 5 bar. Per cui, anche se ci fosse un errore umano, la camera non andrebbe mai a una pressione superiore a quella di esercizio perché le valvole inizierebbero a sfiatare.
Un altro tra i dubbi più frequenti è: “Compensare è come andare in montagna?”. Su questo è bene fare estrema chiarezza, in quanto il paragone con la montagna è spesso usato dai sanitari per fare capire le sensazioni che si percepiscono all’interno della camera iperbarica. La sensazione di “ovattamento delle orecchie” che si prova è infatti simile, ma andare in montagna è il concetto esattamente opposto. Quando andiamo in montagna e l’altezza rispetto al livello del mare aumenta, la pressione atmosferica diminuisce, per questo motivo ci succede spesso che si tappino le orecchie. In questo caso la membrana timpanica si estroflette, cioè si ripiega verso l’esterno. Quando entriamo in camera iperbarica, invece, la pressione aumenta in maniera lenta e graduale. Ad ogni aumento di 1 atmosfera (atm) è come se scendessimo sotto il livello del mare di 10 metri. In questo caso, la membrana timpanica si introflette cioè si ripiega verso l’interno. A questo punto, per equilibrare la differenza di pressione fra l’interno del nostro corpo (orecchie) e l’ambiente esterno (camera iperbarica), si soffia delicatamente con naso e bocca chiusi, in pratica si spinge aria nell’orecchio, così da riequilibrare la membrana timpanica (manovra di Marcante-Odaglia o Valsalva). Quando risaliamo abbiamo una estroflessione (ripiegamento verso l’esterno) del timpano perché diminuisce la pressione. In questo caso, semplicemente deglutendo, andiamo a ripristinare la membrana timpanica, che torna nella sua posizione originale.
Infine, spesso ci chiedono: “Come fate a controllare l’ossigeno all’interno della camera?”. Per prima cosa è bene chiarire che in Italia in ambito clinico le camere iperbariche sono compresse ad aria. Comprimendo ad aria la percentuale di ossigeno è del 20,9 %. L’ambiente in camera viene controllato tramite un analizzatore doppio e indipendente. Tramite delle celle di analisi l’aria è analizzata in tre punti diversi: la parte superiore, la parte mediana e la parte inferiore della camera. L’ossigeno utilizzato per la respirazione viene distribuito ai pazienti solo tramite linee dedicate ed è erogato a richiesta del paziente (quando viene fatto l’atto inspiratorio). Tutto l’espirato viene scaricato all’esterno della camera, senza contaminare l’ambiente dentro la camera. Inoltre le maschere e gli erogatori sono costantemente monitorati da un sistema computerizzato di analisi in maschera e dal nostro personale sanitario, che è altamente formato per poter assistere con la massima professionalità i pazienti e aiutarli in caso di necessità.
Grazie a Gian Luca Baroni per aver chiarito alcuni dei dubbi più comuni e buona camera iperbarica a tutti!
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