L’osteonecrosi: che cos’è e perché è utile l’OTI
L’Ossigenoterapia Iperbarica (OTI) è una terapia etica, riconosciuta dalla medicina convenzionale, non invasiva e basata sulla respirazione di ossigeno puro al 100% o miscele gassose iperossigenate all’interno di una camera iperbarica. La pressione permette la diffusione dell’ossigeno nel sangue con una concentrazione superiore anche dieci volte rispetto al normale; in questo modo si favorisce la formazione di nuovi vasi sanguigni e si mobilitano le cellule staminali. L’OTI, riattivando i processi metabolici bloccati, porta alcune importanti malattie a guarigione o miglioramento.
È efficace, per esempio, per le embolie gassose arteriose, la gangrena gassosa da clostridi, l’ischemia traumatica acuta, l’osteomielite cronica refrattaria, gli innesti cutanei e i lembi a rischio, la necrosi ossea asettica, la sordità improvvisa e le ulcere cutanee.
Una delle tante patologie trattate al Centro Iperbarico di Ravenna è l’osteonecrosi.
Abbiamo chiesto ad Adriana, coordinatrice infermieristica dell’OTI, di spiegarci meglio di che malattia si tratta, chi colpisce, qual è la diagnosi e come viene curata al Centro Iperbarico di Ravenna
Che cos’è l’osteonecrosi?
L’osteonecrosi, definita anche necrosi ossea o osteonecrosi asettica è la morte del tessuto osseo. Questa patologia è molto dolorosa e si verifica quando viene compromesso l’afflusso di sangue al segmento scheletrico. Le cellule dell’osso (osteoblasti) senza l’apporto adeguato di sangue vanno in sofferenza e rischiano di portare al collasso l’articolazione.
L’osteonecrosi colpisce maggiormente la fascia di età tra i 30 e i 60 anni e, in particolare, gli uomini. L’articolazione più colpita è la testa del femore (circa il 75% dei casi), seguita dall’omero (2-3%), ma colpisce anche le articolazioni del ginocchio, della mandibola, del polso e del piede.
La causa più frequente di osteonecrosi è l’evento traumatico a cui seguono l’assunzione di corticosteroidi e l’abuso di alcool. In molti casi però, non si riesce a stabilire la causa scatenante.
Come si manifesta?
L’osteonecrosi inizialmente si manifesta con il dolore, che, a seconda dell’articolazione colpita, si aggrava col carico e la deambulazione. Pertanto, è molto probabile che si verifichi in pazienti con fratture recenti o pregresse, pazienti con dolore spontaneo persistente dell’anca, del ginocchio, della spalla e se sono presenti fattori di rischio.
La diagnosi viene eseguita attraverso una risonanza magnetica che permette di fare una diagnosi precoce e precisa evidenziando anche lo stadio della malattia.
Perché l’OTI è utile in caso di osteonecrosi e qual è il protocollo di cura del Centro Iperbarico di Ravenna?
L’OTI ricopre un ruolo molto importante nel trattamento di questa patologia: è infatti la terapia più efficace e risolutiva, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia (Stadio 1 e 2 di Steinberg). Se eseguita tempestivamente, infatti, serve a rallentarne la progressione e a salvare l’articolazione affetta.
Studi recenti hanno chiarito i meccanismi dell’OTI, che agisce aumentando la frazione di ossigeno disciolta nel plasma e ne permette una rapida e intensa diffusione, favorisce la neo-vascolarizzazione dei canali arteriosi dell’osso, riduce l’edema e stimola la osteogenesi (processo di formazione del tessuto osseo). Il maggiore apporto di ossigeno iperbarico ai tessuti ossei sofferenti permette la formazione di nuovi vasi sanguigni e la stimolazione dell’osteogenesi. Al Centro Iperbarico di Ravenna, le terapie che si associano all’OTI sono farmaci bifosfonati, magnetoterapia, scarico ponderale e riposo dell’articolazione. Inoltre, è consigliata una visita fisiatrica. Due mesi dopo il termine dell’OTI è prevista una nuova risonanza magnetica di controllo. In base a questo esame, il medico decide se intraprendere un successivo ciclo di OTI.
Nel 2019 i pazienti trattati nelle camere iperbariche del nostro Centro sono stati 1092, di questi 350 con osteonecrosi, ben il 32 % del totale.
La percentuale di miglioramento e guarigione dei 350 pazienti trattati è stata pari all’88%. Grazie all’ossigeno iperbarico a tanti di loro è stato evitato l’intervento di impianto della protesi.
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